Cgil, Carmine Torricella: "A San Salvo il nostro malessere non sono gli immigrati"

dom 16 luglio 2017
Cultura e Società di redazione
4min
Cgil, Carmine Torricella: A San Salvo il nostro malessere non sono gli immigrati ©n.c.
Cgil, Carmine Torricella: A San Salvo il nostro malessere non sono gli immigrati ©n.c.
SAN SALVO. "Finalmente si scopre il vero male che attanaglia la città di San Salvo, il malessere che non le permette di vivere tranquillamente, ciò che fa fuggire i suoi abitanti in posti più sicuri. Il male o i mali: non sono le fabbriche che chiudono per colpa di imprenditori che preferiscono continuare a fare il loro mestiere in posti più convenienti e remunerativi e che non si fanno scrupoli a lasciare numerosissime famiglie in mezzo alla strada, magari dopo aver sfruttato tutto quello che c'era da sfruttare; non è la paura per le decisioni delle multinazionali a cui sono legate le sorti ed il futuro di migliaia di lavoratori. Aziende che hanno rappresentato il motore dello sviluppo negli anni che furono per tutto il territorio e che ora approfittano delle non regole del mercato globale per emigrare in altri posti; non è la preoccupazione per un'agricoltura che non vive più da tempo di quello che produce, di ciò che viene dal lavoro e dalla terra, ma solo e soprattutto di aiuti che vengono dalla comunità europea e che nonostante la loro notevole riduzione, dopo le scellerate politiche di scambio con le quote latte, rappresentano l'unica forma di sostentamento di questo settore; non è un sistema scolastico sempre più contenitore, una sorta di parcheggio, area di sosta dove lasciare i figli per un certo periodo della giornata, che va sempre più perdendo il senso ed ruolo di formatore civico della società e dei cittadini. Eppure il fenomeno dei marginalizzati, dei nostri ragazzi che vivono ai confini della società è in continuo aumento. Lo avvalorano i dati del continuo aumento dell'uso delle sostanze stupefacenti ed i loro devastanti effetti. A proposito di droga, nessuno fa caso, o per meglio dire, facciamo finta di non far caso, che lo spacciatore di oggi non è più lo stesso di una volta? La cronaca di oggi ci dice che anche all'interno di questo settore, quello del consumo della droga, c'è stata una trasformazione: lo spacciatore di ieri ha fatto un salto di qualità, è diventato ormai il grossista di riferimento; tanto per dare un riferimento commerciale, a finire in galera sono nuove figure di marginalizzati, anch'essi specchio di una povertà di cui però non dobbiamo avere paura. Tanto meno il male è rappresentato da una società fatta sempre più spesso di egoismi familiari che con estrema facilità tendono a risolvere il problema degli anziani con l'utilizzo di strutture denominate Residenze Sanitarie Assistite. Non ci deve preoccupare il fatto che sempre più poche famiglie sono propense ad occuparsi dei propri cari? Una volta non era così. Oggi i nostri vecchi ci puzzano. E non ci preoccupano nemmeno tutta una serie di soprusi ed abusi che sempre più spesso avvengono intorno a queste strutture, in questo caso a salire è solo la momentanea indignazione. No!!! Non dobbiamo aver paura di tutto ciò; i nostri mali vengono da lontano, vengono dal mare, vengono da una sempre più crescente quantità di miserabili che chiedono di vivere. E' chiaro che per una società, paesana come la nostra, che vive le problematiche sopra riportate, tende a rifiutare il diverso, a non capire le necessità degli altri. Anzi spesso si tende a banalizzare e minimizzare per non affrontare "di petto" i veri problemi. Si cerca impietosamente il nemico di turno a cui dare la colpa di tutto ciò che ci accade. Ecco che è arrivato, il nemico di turno. La cosa di cui dobbiamo aver paura, la causa di tutti i nostri problemi sono gli immigrati; è chi chiede aiuto, magari chi non ci chiede nulla. Ma questo è il ragionamento che fa la società, il volgo come la definiva qualcuno. E’ il ragionare con pancia e non con la testa. Chi dovrebbe riportare il volgo sulla giusta strada, ridare equilibri ai ragionamenti è la politica, sono quelle persone che il popolo stesso ha reputato di un tal livello superiore a se stesso e lo ha chiamato non solo a dirigere l’esistente ma a programmare la società del futuro. Ma, anche qui, la poliÒca di oggi non è più quella di una volta. Il politico di oggi vive in una perenne campagna elettorale, una perenne e affannosa rincorsa alla rielezione, alla legittima aspilazione a livelli piu alti ne1l’apparato politico dello stato. E così, come si suol dire, la frittata è fatta. Anche il politico che dovrebbe ragionare e parlare con cognizione di causa con il cervello comincia a parlare “di pancia”, come volgarmente si dice, dimenticando la sua reale funzione di progettatore e orientatore del futuro delle genti. Ed è così che il politico parla al popolo per quello che il popoìo stesso vuole sentirsi dire e non per quello che ad esso serve veramente per un futuro migliore. Ed ecco allora, cosa c’è di meglio che organizzare una bella conferenza stampa contro il male dei mali?! Lo abbiamo individuato e poco importa se aizziamo ancora di più poveri contro poveri. Ma la necessità di oggi non è quella di chiedere alle Istituzioni più garanzie e sicurezza sulla base di oggettive difficoltà. I dati ci dicono che a San Salvo oggi avvengono più furti che a Vasto; ci sarà un motivo?! Sarà magari per il fatto che la malavita si è talmente organizzata che riesce persino a controllare il lavoro delle sempre più esigue e generose forze dell’ordine?! Certo però questi non sono ragionamenti che servono ad avere una immediata visibilità funzionale solo ad una ulteriore e brillante carriera politica a cui legittimante aspirare; il popolo non è di questo che vuole sentir parlare, bisogna dargli quello che vuole: una diagnosi al proprio malessere. La storia però insegna che intere civiltà del passato, a partire da quelle greche e romane per arrivare a quelle recenti dei t•mpi nostri, sono state costruite da personalità che ragionavano sui modelli di sviluppo per poi essere spazzate via per colpa de1l’incapacità e della poca lungimiranza dei politici di turno." Così, in una nota stampa, Carmine Torricella.

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