Shrinkflation: la subdola arte di far pagare di più un prodotto riducendone le dimensioni

dom 17 giugno 2018
Spalla di La Redazione
3min
“Shrinkflation” ©bekkerinvestments.co.za
“Shrinkflation” ©bekkerinvestments.co.za

VASTO. Aiuto, mi si sono ristretti i fazzoletti di carta! Il pacchetto di fazzolettini si è rimpicciolito, come pure qualche confezione di biscotti e marmellata. Forse il detersivo pesa un po’ meno del solito. E i rotoli di carta hanno meno strappi.

La shrinkflation è quel fenomeno per cui le dimensioni di prodotti di largo consumo vengono ridotte ma il prezzo rimane invariato o, addirittura, aumentato.

Si sta facendo avanti un fenomeno strisciante, per ora percepito solo dai consumatori più attenti, che vede diventare più piccole le confezioni di alcuni beni alimentari, per la casa e per l’igiene personale. Neanche a dirlo, gli hanno dato un nome inglese: Shrinkflation.

Si potrebbe chiamare riporzionamento. O tout court rimpicciolimento delle confezioni. La parola inglese viene dall’unione di shrinkage (contrazione) e inflation (inflazione) e fotografa un fenomeno che consiste nella riduzione delle confezioni di prodotti di largo consumo, che mantengono però lo stesso prezzo. Ma sono stati segnalati anche aumenti, per non parlare del rincaro di fatto che deriva dal comprare meno prodotto a prezzo uguale, senza rendersene ben conto.

“Shrinkflation è quel fenomeno per cui le dimensioni di prodotti di largo consumo vengono ridotte ma il prezzo rimane invariato o, addirittura, aumentato. Tutto ciò sotto gli occhi del consumatore, che non può rendersi conto delle variazioni e che quindi paga di più per avere di meno”, prosegue l’Adoc.

Il fenomeno è stato studiato bene dall’Istituto di statistica inglese, che ha scoperto come da gennaio 2012 a giugno 2017 si siano rimpiccioliti diversi prodotti, soprattutto cioccolato e beni per l’igiene personale, come il dentifricio. In sostanza, cosa accade? Le barrette di cioccolato pesano di meno. Nel dentifricio ci sono 75 ml di prodotto invece di 100 ml. Si riducono le chips nei pacchetti di patatine. Diminuisce un po’ il contenuto delle bevande in lattina, che passa da 33 ml a 25 ml. Cala il peso in grammi dei prodotti. Il prezzo però rimane invariato. In Italia il fenomeno sembra essere un po’ meno marcato, ma le associazioni dei consumatori hanno cominciato a segnalarlo. Si parla di riduzioni del contenuto di confetture, biscotti, miele e zuccheri. E appunto dei fazzolettini di carta di alcuni marchi, che in un pacchetto sono diminuiti da 10 a 9. Il problema, dunque, esiste.

Spiegano dall'Adoc Roberto Tascini, presidente nazionale dell’Adoc e Nicola Criscuoli, presidente regionale dell'associazione: “E' un fenomeno che come Adoc stiamo studiando da diversi mesi. Il termine Shrinkflation è anglosassone, è stato esaminato in maniera dettagliata in Inghilterra e consiste in una strategia delle aziende produttrici di beni che sostanzialmente non incrementano più i prezzi dei prodotti ma rivedono la composizione dei beni e riducono la quantità di prodotto presente. A parità di prezzo il consumatore si trova di fronte a confezioni che hanno una grammatura inferiore. Di fatto si assiste a un incremento del prezzo per unità, e quindi a un incremento anche dell’inflazione”.

“In Italia abbiamo constatato che nel settore dei detersivi, che hanno un costo consistente e incidono sulla spesa di una famiglia, c’è una riduzione del contenuto della confezione. Lo abbiamo riscontrato in qualche confezione di biscotti e di pasta. È un fenomeno probabilmente ancora non diffusissimo. Ma è una strategia che alcune imprese stanno adottando e che si estende per certi versi anche alle aziende che forniscono i servizi. Nella controversia fra le associazioni dei consumatori e le aziende telefoniche, anche lì abbiamo assistito di fatto a un incremento inizialmente occulto, perché si riduceva la validità del contratto a 28 giorni e di fatto a fine anno invece di 12 mensilità ne avevamo 13 e un incremento dell’8,6%”.

“Il modo di difendersi, da parte delle associazioni dei consumatori, è quello di denunciare il fatto e sollecitare interventi formali dell’Istat su questo fenomeno. Vorremmo che le aziende avessero un comportamento più lineare e trasparente. Come Adoc stiamo da tempo perseguendo un discorso legato alla sostenibilità consumeristica e alla corretta azione delle aziende che devono tener conto del rispetto dell’ambiente e dei cittadini consumatori. Da parte nostra, continueremo nei controlli, incalzando le aziende non corrette e non trasparenti”.

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