Caporalato a Cupello, Unione sindacale italiana: «A rimetterci sono sempre gli ultimi»

Il commento ven 16 novembre 2018

Cupello «Il padronato attecchisce laddove c'è miseria, c'è sfruttamento, c'è schiavitù»

Attualità di La Redazione
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Sfruttamento di braccianti nei campi di Cupello: due arresti ©Vastoweb
Sfruttamento di braccianti nei campi di Cupello: due arresti ©Vastoweb

CUPELLO. Riceviamo e pubblichiamo, per conto dell'Unione Sindacale Italiana della provincia di Chieti, una nota sugli episodi di caporalato nelle campagne cupellesi:

«Ciò che è stato “scoperto” nelle campagne cupellesi, ossia lo sfruttamento di forza lavoro a basso costo, mette nuovamente in luce quanto anche nei campi dell'entroterra vastese, ogni giorno come nel resto d'Italia, i caporali agiscano alla luce del giorno.

Così, ciò che le organizzazioni di base, i sindacati non padronali, le associazioni antifasciste e antirazziste denunciano da anni, viene sbattuto in faccia a chi nel corso di tutto questo tempo faceva finta di non sapere.

Tutti i giorni, dietro l'angolo di casa, in molte delle campagne del tanto rinomato made in Italy, in tante terre del vantato prodotto tipico e locale, da Nord a Sud, la massa povera, i deseredati, operai e contadini, uomo e donne in carne ed ossa, obbligati dal caporalato e sottomessi dalla necessità alla “prostituzione lavorativa” dello sfruttamento, dei padroni e del capitalismo, sono costretti a turni di lavoro massacranti dietro il pagamento di una miseria che non accettiamo a chiamare salario.

Bianchi, neri, gialli, verdi, rossi, blu, marroni o a pois non ha importanza: a rimetterci, ad essere sfruttati, sono sempre i poveri, indipendentemente dalla provenienza e dal colore della pelle.

Nel frattempo, mentre le destre xenofobe, razziste e fasciste, ossia il braccio armato del capitalismo, o meglio la manovalanza dei padroni e della finanza, legittimate dalle istituzioni del governo giallo-verde, fanno a gara a denunciare i poveri i quali sono costretti a vivere ai margini sociali della collettività cercando i più angusti spazi cittadini, fatti di palazzi e case abbandonate, dove trovare una qualche forma di riparo e dimora quotidianamente, ci sono persone schiavizzate nelle campagne; nel frattempo, le strade sono attraversate da furgoni dove viene ammassata forza lavoro schiavizzata per essere trasportata da una parte all'altra dei latifondi; nel frattempo, i padroni fanno a gara a comprarsi i nuovi schiavi, che oggi come ieri sono sempre i poveri.

Il vastese, come meravigliarsi, rappresenta una roccaforte del caporalato, dello sfruttamento, della schiavitù, così come l'Abruzzo tutto, così come l'Italia tutta, così come il mondo tutto: il padronato, attecchisce laddove c'è miseria, c'è sfruttamento, c'è schiavitù.

Così un giorno ci si ritrova a leggere la notizia (che per noi che lo denunciamo da sempre non rappresenta affatto una novità) che alcune persone vengono schiavizzate nelle campagne del vastese, e chissà quante ancora ce ne sono.

Per noi che non accettiamo di concepire il mondo come diviso tra italiani e stranieri, vogliamo ricordare che il caporalato schiavizza sempre i poveri, indipendentemente dalla provenienza e dalla cultura, costretti a lavorare per pochi spiccioli al giorno. Ed è per questo vogliamo ancora sottolineare che lo sfruttamento lavorativo produce schiavitù e che a rimetterci sono e saranno sempre gli ultimi, a prescindere dal colore della pelle.»

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