“I nostri laureati sono richiestissimi all’estero, soprattutto nelle discipline scientifiche”

Scuola sab 07 dicembre 2019

Vasto La riflessione di Nicolangelo D’Adamo sull’indagine Ocse Pisa 2018 che boccia la scuola italiana

Attualità di Lea Di Scipio
2min
“I nostri laureati sono richiestissimi all’estero, soprattutto nelle discipline scientifiche” ©vastoweb.com
“I nostri laureati sono richiestissimi all’estero, soprattutto nelle discipline scientifiche” ©vastoweb.com

VASTO. Ha cadenza triennale e il primo ciclo è partito nel 2000.

Si tratta dell’indagine Pisa che nel 2018 ha coinvolto 11.785 studenti quindicenni di 550 scuole italiane e che l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha promosso per accertare le conoscenze acquisite a scuola.

“Gli alunni hanno ottenuto punteggi inferiori alla media in lettura, non significativamente diversi da quella in matematica, e inferiori alla media in scienze”, questo quanto si apprende dalla nota paese che riguarda l’Italia (Leggi).

Non è andata bene, quindi, per la nostra penisola. In particolare il risultato è sconfortante soprattutto nella comprensione dei testi, nella capacità di distinguere le opinioni dalle notizie, con un punteggio di 476 punti, inferiore alla media pari a 487. Inoltre, sembra essersi evidenziato il divario tra nord e sud, che colloca l’Italia tra il 23° e il 29° posto.

Abbastanza lontani soprattutto dall’area orientale di Shanghai, Jiangsu, Zhejiang e Singapore.

Va un po’ meglio in matematica, area in cui i risultati sono nella media europea, 487 su 489. La valutazione dei nostri studenti precipita di nuovo in Scienze.

Uno studente su quattro in Italia non raggiunge il livello base di competenze scientifiche, mentre in Europa il rapporto è di 1 su 5.

Di chi è la responsabilità di tutto questo? Perché i ragazzi non sono preparati? Forse è cambiata la metodologia di apprendimento, gli strumenti sono diversi oppure non si studia più e basta?

Abbiamo chiesto un commento a Nicolangelo D’Adamo, ex dirigente scolastico molto conosciuto e apprezzato a Vasto.

“Che dire di fronte a questi risultati? Abbiamo letto commenti diversissimi tra loro, che vanno dal rimpianto per la scuola di una volta, dimenticando che quella era una scuola ferocemente selettiva, a coloro che imprecano contro la rilassatezza dei costumi in ambiente familiare soprattutto, ma anche a scuola. L’eccessiva tolleranza per i linguaggi gergali e criptici e soprattutto contro le promozioni di massa e gli Esami- farsa alla fine degli studi: un diploma non si nega a nessuno! Accuse del resto che sono state fatte anche da tanti professori universitari che si vedono arrivare matricole sempre più impreparate”. Queste le prime impressioni che D’Adamo ha condiviso con noi, sulla base delle ipotesi più accreditate e diffuse su punti di forza e di debolezza della formazione a scuola.

E la sua analisi continua: “insieme a queste accuse si leggono anche analisi più attente, per esempio, che puntano il dito sulle metodologie dell’indagine stessa, cioè campionature, differenze territoriali e differenti tipologie di scuole, scarsa abitudine dei nostri studenti alle tipologie di prove adottate, batterie di test e questionari e così via”.

“Insomma c’è da lavorare di più – conclude - soprattutto sulle metodologie e didattiche differenziate, modernizzazione delle prove di verifica, ma non siamo all’anno zero, non c’è tutto da buttare. Gli esempi che vengono forniti sono i risultati dei nostri laureati, soprattutto nelle discipline scientifiche, richiestissimi all’estero dove non sfigurano a fronte di coetanei provenienti da blasonate università.

Chiudiamo con sentimenti di moderato pessimismo: molto c’è da fare, ma non è impossibile risalire la china se teniamo sempre presente che il primo impegno del Paese è la sufficiente alfabetizzazione dei cittadini, i percorsi di eccellenza a volerli attivare non presentano ostacoli insormontabili. E’ un problema culturale prima di essere politico.

Occorre superare il falso concetto di egualitarismo del tutto a tutti (del tutto impossibile), con tutto ciò che serve a chi serve che non è antidemocratico, ma rispettoso di percorsi formativi differenziati che nessuno può ricondurre ad unità formale e sostanziale”.

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