Vasto: "Matrimonio entro l'anno, se ci si bacia sotto Zà Mascia ”

san valentino ven 14 febbraio 2020

Vasto La leggenda che aleggia attorno al bassorilievo affisso alle spalle della Chiesa di Santa Maria in Piazza del Tomolo

Attualità di Lea Di Scipio
2min
A sinistra Paolo Calvano, studioso e ricercatore della storia di Vasto. A destra Zà Mascia. ©vastoweb.com
A sinistra Paolo Calvano, studioso e ricercatore della storia di Vasto. A destra Zà Mascia. ©vastoweb.com

VASTO. Oggi è il 14 febbraio, San Valentino. Non un giorno qualunque dato che è considerato “il più romantico dell’anno”.

Scegliere come festeggiarlo è quasi un mantra per gli innamorati. Se al ristorante o a casa e, soprattutto, quale regalo fare. Non tutti si lasciano trasportare dall’ondata commerciale dell’evento, ma resta comunque una data che storicamente ha assunto il suo significato e che si perde tra religione e leggenda.

Volendo restare sul piano della tradizione, tanti sono i racconti che tentano di spiegare perché San Valentino sia considerato difensore delle storie d’amore. Tra queste che il santo sia stato ucciso perché avrebbe celebrato il matrimonio tra il legionario pagano Sabino e la cristiana Serapia, e che i due morirono insieme proprio mentre li benediceva.

Una ricorrenza, insomma, che viaggia lungo quel doppio binario di sacro e profano che si fondono e confondono allo stesso tempo.

E anche qui a Vasto c’è una credenza, in particolare, che vale la pena citare in occasione di questa particolare giornata.

Si tratta della leggenda di “Zà Mascia”, da Zia Mascia o Tommasa, appellativo con cui viene chiamata la raffigurazione del bassorilievo, posto sulla parete alle spalle della Chiesa di Santa Maria Maggiore, in Piazza del Tomolo.

“Chiunque si baci sotto di lei convolerà a giuste e felici nozze entro l’anno”, questo si è stabilito di voce in voce, in un tempo di cui si è persa memoria.

Noi abbiamo cercato qualche informazione con il gentile e competente aiuto di Paolo Calvano, studioso e ricercatore appassionato della storia di Vasto. Lasciamo, quindi, alle sue parole la descrizione di questa opera.

“Qualcuno la chiama Zà Mascia, che significa zia Tommasa, e altri la riconducono ad una specie di simbolo della morte. Un’altra interpretazione è che si tratti di un guerriero medievale risalente alla seconda metà del XII secolo, quando i normanni sono arrivati in queste zone a comandare indisturbati. Altri pensano che sia l’immagine di un prete filippino perché gli oratoriani, nati con San Filippo Neri ancora vivo, alla fine del 500 si occupavano della cura religiosa di Vasto, che allora non dipendeva da Chieti, ma dai seguaci di questa congregazione. Leggendo il testo “Frammenti di Vasto” di Michele Benedetti e di Gianni Quagliarella si trova poi traccia della tradizione non antichissima legata agli innamorati e che lo consideravano come un luogo in cui giurarsi l'eterno amore. In ogni caso la lastra tombale si trovava all'interno della Chiesa di Santa Maria ed è stata spostata durante la sua ristrutturazione, molto lunga e impegnativa. È iniziata nell'ultimo ventennio del 700 ed è terminata negli anni ‘60 del 1800. C’è voluto quasi un secolo sia per motivi di costi che per problemi di fragilità dell'abside. Intervenne Nicola Maria Pietrocola, l'architetto più importante dell'800 di Vasto, il quale è riuscito a salvarlo con dei vuoti-pieni.

Quando hanno iniziato i lavori alla fine del 700 Santa Maria era la chiesa principale di Vasto, spalleggiata dai D'Avalos, ma nel 1808 Giuseppe Napoleone ha chiuso i due capitoli di Santa Maria e San Pietro e ha nominato come unica chiesa parrocchiale quella di San Giuseppe, che si chiamava San Sant'Agostino ma che poi ricevette, appunto, il nome del sovrano.

Quindi i soldi per i lavori a Santa Maria vennero a mancare. Intanto alcune cose erano state recuperate, altre buttate via o andate perse. Il bassorilievo fa parte della dotazione recuperata e venne affisso a memoria di ciò che accadde.

E sul perché venne salvato potrebbe esserci qualche motivo e bisognerebbe scoprirlo. Esiste una documentazione dei lavori conservata nell’archivio della confraternita, ma è ancora in fase di studio".

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