L'onnipotenza delle Regioni e l’auspicio per nuovi corsi elettorali

L'osservatorio ven 20 novembre 2020
Spalla di Claudio de Luca
2min
Elezioni regionali ©Blastingnews.it
Elezioni regionali ©Blastingnews.it

ABRUZZO. L'onnipotenza delle Regioni e l’auspicio per nuovi corsi elettorali.

La riforma del Titolo V della Costituzione ha trasformato le Regioni in 20 piccoli Stati dove tutti sembrano liberi di spendere e di spandere. All'epoca, il Centrosinistra diede un contributo decisivo alla frantumazione dell'unitarietà della finanza pubblica. Da allora i controlli della Corte dei conti sulle spese si sono allentati, col risultato che i cordoni delle borse si sono allargati sempre di più. Insomma, certi malvezzi hanno un'origine legislativa ben precisa. L'inizio del declino italiano, del suo indebitamento e della crescita vertiginosa della partitocrazia, coincide con la nascita delle Regioni. Se si vuol risanare il Paese, restituire sovranità e competenze allo Stato, anche in materia di Sanità e di Pubblica istruzione, occorre ridurre ‘in pristino’ il ruolo delle Prefetture, magari adottando sistemi selettivi più rigorosi ed istituendo una Scuola superiore dei dirigenti amministrativi e prefettizi. Adesso i buoi sono fuggiti dalla stalla, originando un'esplosione della spesa.

Perciò diventa inutile stupirsi se i Giudici contabili dichiarano che l’accaduto supera ogni immaginazione. Purtroppo possono intervenire soltanto a cose fatte (e pure con tante difficoltà) perché è cambiata la mappa dei poteri. Oggi le Regioni hanno facoltà di avere persino una politica estera; ed anche il Molise istituì una sorta di ‘rappresentanza diplomatica’. I 20 Stati della cuccagna sono pressoché incontrollabili dal momento che le spese affrontate sono suffragate da leggi elaborate dai rispettivi Parlamentini. Perciò, per riparare il disastro originato, servirà ben altro. Sicuramente partiti nuovi ed un patto costituente che porti ad una legislatura diversa da quelle sin qui registrate. Lo chiede il 43% degli Italiani che attende nuove proposte, ben lontane da quelle dei partiti esistenti.

Una volta l'Istituto "Lorien consulting” definì questo 43% come composto da elettori che, in passato, avevano partecipato alla battaglia politica con le loro scelte, e che poi sono rimasti fortemente delusi dai contenitori tradizionali. Si tratta di milioni di individui pronti a scegliere. Ed ora gli Italiani si attaccherebbero alle uniche istituzioni che parrebbero in grado di offrire una sensazione di pulito e di stabilità: il Presidente della repubblica (che ha un livello di fiducia del 71%) e l'U.e. (54%). I partiti bisogna cercarli, con il lanternino, in fondo alla classifica (10%). Tutto ciò significa che gli Italiani hanno necessità di chi intenda offrire cose positive e che prenda delle decisioni, assumendosene ogni responsabilità. Ma quali sono i motivi per cui oggi misurare il consenso dei partiti è diventato un esercizio virtuale? Il primo è quello delle regole del gioco (che mancano); il secondo concerne la fattura di una ‘buona’ legge elettorale.

La gran parte degli Italiani ritiene che quest'ultima riforma sia necessaria; una buona fetta si accosta a tale orientamento mentre un’altra aliquota si era rivolta all’M5s, che oggi starebbe deludendo.

Perciò gli Italiani sembrerebbero aperti a nuove soluzioni, considerando nuove offerte. Anzi, dopo tanto tempo, quasi la metà degli Italiani si direbbe pronta ad accogliere qualcosa di nuovo (anzi di antico). In conclusione, sempre secondo l'Istituto "Lorien consulting", la nuova offerta dovrebbe essere caratterizzata dall'avvento di politici veri che incarnino le culture politiche europee tradizionali: popolare, socialista, ambientalista, liberale; e, se vogliamo, finanche quella comunista. Purché le idee portanti siano contemporanee a quelle dei loro elettori.

Claudio de Luca

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