​Giornata della Terra, l'aiuto viene dalla corretta gestione del suolo

Global warming lun 22 aprile 2019
Attualità di La Redazione
8min
L'intervento all'Ateneo di Timisoara ©Termolionline.it
L'intervento all'Ateneo di Timisoara ©Termolionline.it

ABRUZZO. Oggi è la giornata mondiale della Terra, un’occasione per celebrare e promuoverne la salvaguardia del nostro pianeta. Un momento ormai obbligatorio per valutare le problematiche attuali del pianeta che riguardano i cambiamenti climatici che si stanno verificando a ritmi molto veloci come l’aumento della temperatura terrestre che sta determinando lo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai perenni con il conseguente aumento del livello dei mari di circa 3,5 mm all’anno.

Sappiamo con certezza che Il clima ha già subito notevoli variazioni nella storia del nostro pianeta nell’ultimo milione di anni circa la temperatura della Terra è fra ere glaciali e periodi interglaciali ha avuto sbalzi anche di 5-6 gradi. Queste variazioni sono state anche più ampie: 50 milioni di anni fa, la Terra era probabilmente più di 10 gradi più calda di oggi. A quei tempi, quindi, non c’erano esseri umani a emettere gas serra, i cambiamentierano dettati in modo ciclico e naturale da cause astronomiche, dall'attività solare e vulcanica. L 'effetto dell'attività umana infatti si è aggiunto solo in tempi recenti, dall'inizio dell'ottocento momento in cui la presenza dell’uomo sul pianeta ha a iniziato lasciare cicatrici insanabili, per lo meno in tempi brevi.

Con il termine “Antropocene”, indichiamo l’epoca geologica, per alcuni, cominciata agli inizi dell’800 probabilmente con la rivoluzione industriale per altri dal 1945 con la costruzione della prima bomba atomica, in cui l’uomo diventa il principale fattore di modificazione e trasformazione dei sistemi naturali. Circa il 75% della superficie delle terre emerse è in qualche modo influenzato dalla presenza umana, determinandoattraverso l’uso di combustibili fossili, la variazione della temperatura terrestre.

Oggi, esiste un consenso abbastanza ampio sul fatto che il sistema climatico si stia scaldando, come indicato dall’ IPCC (la conferenza intergovernativa sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite). Senza dubbio la CO2 è,tra i gas serra, il maggiore responsabile del riscaldamento globale eattualmente la sua concentrazione ha toccato ancora un record in negativo per quel che riguarda la sua presenza in atmosfera superando le 400 parti per milione (ppm). Le ultime misurazioni registrate dall’Osservatorio di Mauna Loa, nelle Hawaii hanno evidenziato una media di 411 ppm. Sono valori mai raggiunti negli 800mila anni ovvero da quando abbiamo la possibilità di misurare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera mediante i carotaggi profondi nel ghiaccio dell’Antartide.

Continuando con questo ritmo purtroppo raggiuneremo i livelli di gas serra registrati più di 50 milioni di anni fa, epoca durante la quale le temperature medie erano più alte di 10 gradi e le calotte polari erano completamente sgombre dai ghiacci. Ad oggi, la temperatura media globale ha già raggiunto un aumento di 1 grado Celsius come conseguenza dell’enorme quantità di energia termica che è rimasta intrappolata dall’atmosfera in questi ultimi anni (2,5 W/m2). La temperatura è comunque destinata ad aumentare nei prossimi decenni fino ad una media di 4°C per il trentennio 2070-2100, in’assenza di politiche di mitigazione. Mentre lo scenario più plausibile nel caso che già oggi verranno attuate tutte lemisure per contenere la concentrazione di CO2 in atmosfera gli aumenti di temperatura si attesterebbero sui 1,5/2°C in media.

I ghiacciai di tutta Europa, testimoni muti di questo disastro, si stanno riducendo rapidamente a causa proprio dell’aumento delle temperature comportando la perdita di gran parte delle riserve di acqua dolce del pianeta. Processo iniziato dal 1850, con l’estrazione del primo barile di petrolio, subendo un’accelerazione a partire dai primi anni Ottanta e che potrebbe coinvolgere in modo irreversibile sia la Groenladia con un aumento di 7 metri dei livelli dei mari che il Polo Sud con scenari apocalittici (70 metri di mare in più). Si prevede inoltre anche ilrilascio di gas serra proveniente dal suolo sarà particolarmente ingente nell'estremo nord Europa e in Russia, dove lo scioglimento del permafrost (suoli congelati) potrebbe rilasciare grandi quantità di metano, un gas serra molto più potente dell'anidride carbonica.

Inoltre l’ aumento demografico e emissioni di gas serra vanno di pari passo, oggi nel mondo si contano 7,5 miliardi di persone, di cui circasolo 1,5 miliardi vivono in Paesi sviluppati. La popolazione complessiva dovrebbe superare i 9 miliardi nel 2050 in una prospettiva di crescita media pari a 80 milioni di persone all’anno, circa 200 mila al giorno, concentrato fondamentalmente in India, Nigeria e Stati Uniti.Già oggi quasi 1 miliardo di persone soffrono la fame, a cui si associa la mancanza d’acqua in molte zone della Terra, dove risulta sempre più difficile coprire il fabbisogno vitale minimo. Alla luce di questi dati è inevitabile chiedersi quali problematiche comporterà la crescita demografica nei prossimi decenni immaginando scenari futuri caratterizzati da migrazioni internazionali, che di certo assumeranno dimensioni planetarie. Insieme alla popolazione cresceranno anche i consumi pro capite e quindi l’emissione di gas serra, alimentando il cambiamento climatico. Ad oggi, secondo le recenti statistiche, la maglia nera delle emissioni 2018 di CO2 provenienti dalla combustione di fonti fossili va alla Cina, che ha registrato una crescita del 4,7% generando da sola il 27% della CO2 mondiale. Seguono Usa (15% del totale), India, Russia, Giappone, Germania, Iran, Arabia Saudita, Corea del Sud e Canada. L’Unione Europea con il 10% delle emissioni globali occupa il terzo posto.

L'agricoltura in questo scenario gioca un ruolo fondamentalecontribuendo al cambiamento climatico con il 30% delle emissioni di anidride carbonica, metano e protossido di azoto. Il paradosso vuole però anche che l’agricoltura oltre a contribuire fortemente al riscaldamento globale è anche tra i settori più colpiti dal cambiamento climatico. Pesante è anche il contributo, circa il 18 % del totale, della zootecnia soprattutto bovina. Basti pensare che una singola mucca può produrre, in seguito alla fermentazione gastroenterica, fino a 500 litri di metano al giorno, gas serra 20 volte più potente dell’anidride carbonica. Non solo, la produzione di cibo, divora il 40% dei suoli coltivabili e il 70% dell’acqua consumata (2800 km3 all’anno). Tale produzione influisce sulla CO2 sia indirettamente per via dell’uso di combustibili fossili per le attività agricole, per il trasporto o la refrigerazione degli alimenti, sia tramite la deforestazione indotte dalle espansioni selvagge delle coltivazioni.Se escludiamo Groenlandia e Antartide, attualmente coltiviamo il 40% delle terre emerse, una superficie 60 volte più grande di quella occupata da strade ed edifici. L'agricoltura ha già distrutto o trasformato radicalmente il 70% dei pascoli, il 50% delle savane, il 45% delle foreste decidue temperate e il 25% delle foreste tropicali. Dall'ultima era glaciale nessun altro fattore sembra aver avuto un tale impatto tanto distruttivo sugli ecosistemi.

Il suolo è al centro dell’agricoltura e gioca un ruolo fondamentale nel sistema climatico globale essendo parte centrale del ciclo del carbonio,eper sua natura esso può aiutare a ridurre i gas serra e favorire l'adattamento alle conseguenze del cambiamento climatico. Al contrario se non lo salvaguardiamo il suolo i problemi correlati al cambiamento climatico potrebbero rapidamente degenerare e peggiorare. In generale un suolo in buona salute può dunque contribuire a mitigare il cambiamento climatico stoccando al suo interno il carbonio anche per migliaia di anni. Esso costituisce il secondo serbatoio di carbonio dopo gli oceani proteggerlo quindi è essenziale, poiché sono necessari migliaia di anni per formarne solo pochi centimetri di suolo. Ovunque è presente il rischio del surriscaldamento esiste potenzialmente una maggiore emissione di gas serra dal suolo. Ingenerale l'aumento delle temperature, di gran lunga il fenomeno maggiormente presente, contribuendo alla decomposizione e mineralizzazione della materia organica, riducendo il contenuto di carbonio organico. Le variazione climatiche influiscono soprattutto sulle proprietà più dinamiche del suolo, legate al ciclo della sostanza organica, l’indicatore più importante e sensibile di questi cambiamenti e quindi alla sua struttura ciò dovuto essenzialmente alla diminuzione delle piogge e ad un aumento delle temperature.

La crescente concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera accelera l'attività dei microrganismi, la parte viva nel suolo e di conseguenza la decomposizione della materia organica, con un rilascio potenzialmente ancora maggiore di anidride carbonica. Oltre al cambiamento climatico anche il modo non corretto della sua gestione rischia di trasformare il suolo da bacino di stoccaggio del carbonio a fonte di emissioni. Circa la metà del carbonio è immagazzinata nel suolo delle foreste. Tuttavia, quando esse vengono danneggiate o tagliate, il carbonio in esse immagazzinato viene nuovamente rilasciato nell'atmosfera. Nel contempo le tecniche di l'agricoltura biologica sono le uniche che possono ricostruire lo strato di carbonio organico situato in profondità sotto la superficie del suolo. La FAO stima che le emissioni di CO2 per ettaro di suolo coltivato con metodi di agricoltura biologica siano inferiori più del 50% rispetto ai gas serra generati da suoli coltivati con metodi convenzionali.

L'obiettivo stabilito nel 2015 alla COP 21 di Parigi, il più grande accordo sulla salute di questo secolo, è legato ad un contenimento dell'aumento della temperatura terrestre "ben al di sotto" dei + 2 °C rispetto all'era pre-industriale, per evitare il“punto di non ritorno” e conseguenze irreversibili per il pianeta e per l'uomo. L’umanità non ha mai sperimentato l’effetto che può avere l’aumento della temperatura che superi circa i 2,5 °C globali. Dobbiamo quindi immaginare un futuro libero dall'energia da combustibili fossili in favore di fonti rinnovabili, uno sviluppo di una green economy seria e concreta, cessando la distruzione di habitat fondamentali e sviluppando quanto prima un sistema educativo ispirato alle tematiche ambientali. Raggiungere questi obiettivi di Parigi significa un risparmio in termine di vite umane. Nell’ultima conferenza Cop24 tenutosi in Polonia è stato sancito che nei 15 paesi che hanno le maggiori emissioni gli impatti sulla salute costano più del 4% del Pil. Mentre per riuscire a raggiungere gli obiettivi enunciati a Parigi servirebbe l’1% del Pil mondiale.

Dobbiamo avere fiducia nella scienza e nei modelli previsionali anche se ci propongono scenari catastrofici, perché abbiamo la possibilità di cambiare in meglio il futuro delle prossime generazioni. Che senso ha aver sviluppato una scienza capace di fare previsioni se alla fine tutto ciò che possiamo fare è restare ad aspettare che le previsioni diventino realtà senza fare nulla per cambiarle in meglio. Siamo ad un punto di non ritorno e non possiamo continuare ad ignorare tutti i segnali ma dobbiamo essere promotori di iniziative e attività per la divulgazione del messaggio altrimenti non ci resterà che consegnare alle future generazioni un mondo totalmente diverso da come lo abbiamo conosciuto.

di Vincenzo Michele Sellitto, Maketing Manager MsBiotech, Larino

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