“Si torna in chiesa, ma l’Oratorio chiuso è una ferita grande”

l'intervista mer 20 maggio 2020

Vasto Intervista a don Massimiliano Civinini parroco delle Chiesa dei Salesiani di Don Bosco

Attualità di Lea Di Scipio
3min
“Si torna in chiesa, ma l’Oratorio chiuso è una ferita grande” ©vastoweb.com
“Si torna in chiesa, ma l’Oratorio chiuso è una ferita grande” ©vastoweb.com
“Si torna in chiesa, ma l’Oratorio chiuso è una ferita grande”

VASTO. Igienizzanti agli ingressi, fedeli sulle panche a distanza e nei posti contrassegnati dal bollino, ostia benedetta lasciata cadere sulle mani, mascherina, nessuno scambio della pace e divieto di accesso per chi ha febbre superiore ai 37,5 gradi.

Dopo 69 giorni di lockdown i fedeli sono tornati in chiesa, ufficialmente dal 18 maggio, due giorni fa.

All'indomani della riapertura, qual è l'umore che si respira dopo tanto tempo in uno dei luoghi più aggregativi per una comunità?

Abbiamo chiesto questo e molto altro a don Massimiliano Civinini, parroco dei Salesiani di Don Bosco.

C'è la grande gioia di rientrare nella propria chiesa per poter pregare e rivedere i volti cari di qualcuno. Ma misto a questo c'è anche la grande sofferenza di quello che ancora accade e la paura rimane in tutte le persone a causa di questo virus. Si prova, insomma, un mix di emozioni.

Quali sono le regole che dovranno essere rispettate per poter partecipare alle funzioni?

Le misure sono quelle stabilite nel Protocollo sottoscritto da Governo e Cei. Distanza sociale e, a livello liturgico, ricevere Gesù sulle mani, non scambiarsi il segno della pace, tutto quello che le persone hanno già interiorizzato e mettendo in pratica nella vita ormai di tutti i giorni.

Ci siamo organizzati con l'aiuto di volontari, soprattutto per la domenica, giorno in cui forse ci sarà più affluenza di persone, aumentando il numero delle Sante Messe, spostando le varie celebrazioni che avevamo di domenica per dar modo di partecipare, di entrare ed uscire agevolmente, anche per poter sanificare la chiesa ogni volta. Ci sono volontari che accolgono e che indirizzano ai posti contrassegnati con un bollino verde e che indicheranno anche come distribuirsi durante la comunione.

L'oratorio è sempre stato un luogo vivo per tanti giovani e non vastesi. Cosa le hanno raccontato i fedeli durante questo periodo di allontanamento?

Questa è la ferita più grande, perché la nostra è una parrocchia dedicata ai giovani e aver chiuso l'oratorio per tanto tempo, un luogo di aggregazione che potrebbe causare assembramenti anomali, questa è la ferita che fa male al cuore, sia degli addetti ai lavori, degli animatori ed educatori, che per quelli che sono a contatto sia quello che sono in sentire la gente che ormai Don Bosco entrato nel cuore tutti.

Se un fedele non dovesse recarsi in chiesa perché sente ancora di voler limitare le uscite, come può regolarsi?

Il Signore è più grande di noi e quindi arriva a tutti. L’eucarestia e la confessione sono gli strumenti che il Signore usa perché le persone possono avvicinarsi a lui, però lui ha altre strade per incontrare il cuore dell’uomo se lui glielo permette. Invito tutti gli anziani a stare sereni se non possono partecipare, sappiano che non per loro il Signore, come per tutti gli altri, ha un occhio particolare. La Chiesa solleva anche da impedimenti che ci sono. Anche coloro che soffrono di qualche malattia, non si sentono colpevoli perché il Signore arriva lo stesso. Dio non è un distributore di sacramenti né un carabiniere u che punisce chi non partecipa a quello che lui richiede.

Del conseguente stop nella celebrazione dei matrimoni, che comunque potevano essere celebrati con la presenza di poche persone, cosa ne pensa?

I sacramenti sono sempre stati celebrati. Questo è un dato di fatto. Comprendiamo l'umanità che c'è dietro, perché il Sacramento si veste anche d’umano. Tutti i sacramenti sono segni della grazia di Dio che investe l'uomo e Dio vuole che l'uomo sia nella gioia, nella felicità. Quindi anche la manifestazione esterna è importante e comprendo tutti quei giovani che hanno dovuto rinunciare a uno dei giorni più belli della loro vita. È una cosa umana.

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