Una raccolta sulla sua disabilità, l'ultimo lavoro di Silvano Fantilli
Alto Vastese “Sotto questo cielo non vedo più la luce. Il mio pensiero visivo"

SCHIAVI DI ABRUZZO. Affrontare il tema della disabilità può non essere semplice, soprattutto per coloro che soffrono di alcune di queste forme di limitazione.
È il caso dell’artista dell’Alto Vastese Silvano Fantilli, vittima da alcuni anni di una condizione di semi cecità, il quale proprio in questi giorni ha pubblicato la sua ultima fatica dal nome: “Sotto questo cielo non vedo più la luce. Il mio pensiero visivo”.
Dopo aver concluso non molto tempo fa la trilogia “La mia terra” sulla sua Schiavi d’Abruzzo e non solo, l’architetto e poeta classe 1966 ha deciso di fare ritorno con una raccolta di poesie che trattano la sua disabilità.
Pubblicata sempre con la casa editrice Infilaindiana Edizioni, Fantilli aveva già anticipato questa sua produzione a Vastoweb così: “È un’opera poetica legata al mio periodo difficile di disabilità, per la mia semi cecità, in cui con sguardo creativo racconto un mondo visto da un’altra prospettiva” (Leggi).
L’autore ha voluto raccontarsi ancora sul nostro giornale in occasione della sua ultima pubblicazione che così l’ha definita: “Si tratta di una silloge di poesie tanto personali quanto universali. Il mio pensiero visivo si esprime attraverso componimenti come “L'esilio di luce”, “I vampiri dei ricordi” e “La speranza del buio nascente” “.
L’inizio dei suoi problemi di salute ha causato non pochi problemi all’autore. È stato costretto ad abbandonare definitivamente la sua professione legata all’architettura, che fino a quel momento gli aveva donato tante soddisfazioni, ed a rientrare nella sua Schiavi d’Abruzzo.
“La mia esigenza di scrivere in versi - ha precisato il poeta - nasce dalla necessità di ricollocare al centro del pensiero l’individuo, l’Io ed il modo di essere una persona interconnessa tanto con la sfera privata quanto con quella sociale”. Sono proprio il sociale ed il privato gli argomenti più trattati dall’autore in tutte le sue opere, compresa quest’ultima, dove il suo territorio risulta sempre presente, da protagonista o da cornice.
Nelle sue composizioni ad una società in cui “il sudore delle fatiche quasi si fonde con la terra e l’uomo con gli animali” si alterna un vissuto nel proprio territorio di nascita, dove per eventi e fatti sono intervenuti spesso i familiari, in particolare i nonni, simbolo di “valori, odori e sapori genuini”.
Tutto questo viene raccontato ed espresso tramite la poesia considerata frutto della volontà di “sviscerare le fasi più profonde del pensiero”.
“Tutti noi abbiamo dei misteri o delle ferite o abusi subiti inconfessabili che per alcuni si manifestano come peccato e ricorrono al confessore, per altri come colpa e malessere e si rivolgono allo psicoterapeuta- ha spiegato così l’autore la sua idea di poeta - per lo scrittore, invece, si manifestano riportando agli albori i suoi tratti infantili, così da renderli una incoscienza-coscienza collettiva, con cui si proclama rappresentante di una condizione umana di tipo sociale”.
L’abruzzese Fantilli ci ha anticipato infine il suo futuro progetto editoriale dal nome “La saga di Pischialta Vol. 1. Storia sociale e antropologica di un territorio ristretto, ma vasto”. Qui racconta una società scomparsa a partire dalla fine degli anni ‘60, con case sperdute e isolate da strade e vie di comunicazione, che però sarà destinata a diventare un modello di vita ed a incarnare l’identità dei propri cittadini.